In questi giorni di Marzo 2017 ho terminato di leggere questo romanzo di Gianrico Carofiglio pubblicato nel 2016 da Einaudi.
Non mi riesce di leggere i romanzi di questo autore prescindendo da ciò' che penso di lui. Sento che nessun personaggio si libera dalla dipendenza del suo autore.
Ed è così che questa volta un pregiudizio negativo mi ha guidato nella lettura.
Carofiglio mi ha deluso per aver votato Si al referendum del 4 Novembre 2016!
Soprattutto non mi sono piaciute le motivazioni che ha espresso a sostegno del suo voto.
La mia valutazione negativa sulla sua scelta non è dipesa da scelta di tipo partitico quanto piuttosto proprio da argomentazioni prevalentemente di diritto costituzionale e di politica istituzionale. Questo tipo di convinzione mi ha indotto a ritenere che sarebbe bastato che ogni cittadino avesse avuto la forza di leggere il testo sottoposto a referendum perche, dotato di normale intelligenza, non potesse che votare no, ed ancor più che un laureato in giurisprudenza non avrebbe potuto in nessun caso, neppure se fosse stato Renzi in persona , votare altro che no.
Dopo aver letto il libro che ha confermato la grandezza di Carofiglio scrittore, non posso che spiegarmi la sua dichiarazione di voto come derivante da quella zona grigia non più bianca e non più nera, che fa si che i nostri comportamenti non siano sempre lineari e prevedibili, così come i nostri pensieri.
Tutti i suoi personaggi rivelano questa naturale e peraltro realistica propensione a non essere totalmente riconducibili al modello che i diversi ruoli di vita e professionali farebbero intendere.
Cosi che la distinzione tra buoni e cattivi, tra legalità e illegalità, pur rimanendo precisa nei suoi contorni teorici , si declina nel mondo reale, non solo attraverso la mediazione delle parole che lasciano inevitabilmente ampi margini di equivocità , ma anche attraverso comportamenti che cercano di piegare ed adattare, per le più svariate ragioni le regole alla nostra interpretazione , al nostro sentire, ed anche al nostro arbitrio.
Non è solo la trama , come sempre avvincente, a farci sperare che la fine non sopraggiunga e a vedere con disappunto che le pagine ancora da leggere vanno riducendosi di volta in volta.
Il disappunto viene in parte bilanciato dal proposito di fermare almeno alcune delle considerazioni che più ci hanno colpito e che comunque vorremmo tenere come frutto di questo dialogo a distanza che l'autore ci stimola di continuo.
Le indagini sul sequestro del figlio del capo della Società Nostra, Grimaldi, offrono il destro per illustrare aspetti formali e sostanziali delle organizzazioni "mafiose".
Il racconto consente di cogliere lo snodarsi nella società, non solo pugliese, delle attività criminali organizzate, ponendo in evidenza quanto possano essere anche diverse le sfumature e le ragioni del concreto articolarsi della vita di questi micro stati nello Stato, e l'intreccio spesso occulto tra gli apparati e coloro che ne dovrebbero essere fuori. Ancora una volta i luoghi comuni trovano molteplici smentite e la realtà mostra di non accettare rigide classificazioni.
I sequestri lampo mi erano sconosciuti, così come non sapevo che la mala pugliese avesse scelto l'alleanza con la 'ndrangheta calabrese per sottrarsi alle angherie carcerarie praticate dalla camorra napoletana.
Da pugliese ho avuto modo quindi di sentire un moto campanilistico, una spinta alla preferenza di una malavita piuttosto di un'altra e ho pensato a quante volte, nella condizione di emigrato dal sud , l'idea di "avere la mafia" pur essendo a livello di mia formazione un deciso disvalore, dinanzi a giudizi razzisti o comunque ispirati ad una superiorità del Nord rispetto al Sud, finisse per risuonare nell'animo come un' espressione di forza che costringesse l'altro ad un rispetto sia pure forzato.
Guardie e ladri, si inseguono in una trama che giunge come sempre ad una conclusione imprevedibile e comunque rassicurante.
Il diritto degli uomini pur con tutti i suoi limiti e le sue distanze dalla giustizia ipotetica, alla fine si risolve in esiti ampiamente appaganti anche se lascia nude molteplici discordanze proprio tra stereotipi e eventi probabili con l'accertamento dei fatti.
Sullo sfondo tutti i protagonisti, anche quelli minori ci rivelano una varietà irriducibile ad un tipo unico .
In parte essi partecipano dell'idea prevalente della situazione rivestita ma in gran parte rivelano specificità imprevedibili.
Il contorno ambientale della stessa Puglia e della città di Bari pur essendo intrinsecamente connaturato allo svolgimento dei fatti potrebbe alle volte essere costituito da luoghi diversi.
La componente intimistica si svolge come fosse indipendente dal ruolo pubblico ma se ne colgono le interferenze problematiche.
L'interpretazione delle leggi e comunque dei codici di comportamento tanto dell'ordinamento giuridico statale quanto di quello di clan o società malavitose si agita nel dilemma tra applicazione di regole formali e eventuali necessari margini di devianza e di sospensione delle regole formali per il perseguimento di fini altrettanto utili allo scopo finale ma in paradossale antitesi con le regole immediatamente da applicare.
Sembra che la narrazione serva alle volte a conferire ai fatti stessi un valore catartico per i personaggi che si muovono spesso nelle zone grigie della vita quelle difficilmente riconducibili, come dicevamo, al bianco o al nero ,nitidi e decisi.
Il collaboratore di giustizia , braccio destro di Grimaldi, ha una intelligenza e un grado culturale quasi inspiegabile per organizzazioni che si vogliono a bassissimo livello formativo, resta ciononostante difficilmente credibile che non sia stato lui ad operare il sequestro di persona del figlio del capo.
Devono cadere tante ipotesi preconcette, devono venire fuori zone grigie e difficilmente confessabili delle stesse forze inquirenti perché possa farsi largo la verità che è una verità scomodissima per lo stato legale.
E' un carabiniere il colpevole e perché ciò emerga è necessario che un suo collega di squadra, Pellecchia, un tempo in zona grigia anche lui superi la vergogna e metta a rischio se stesso pur di svelare l'ipotesi delinquenziale.
Lo stesso Fenoglio sceglie un pò di omertà , per favorire l'emergere della verità.
Conferma fiducia al proprio collaboratore che pure aveva sbagliato e lo sottrae ad un processo per reati minori (appropriazione di droga sequestrata a spacciatori arrestati).
E' l'occasione per ricordarci quante devianze avvengono anche da parte di coloro che sono preposti alla tutela legale della vita sociale.
Mi ha colpito particolarmente il riferimento che l'Autore fa alla scuola di formazione dei magistrati di Napoli.
Non so se anche Carofiglio l'abbia frequentata . La D'Angelo si! Subito dopo la laurea si iscrisse a un corso di preparazione per il concorso in magistratura.
Era tenuto da un magistrato napoletano famoso che si diceva fosse molto bravo.
Carofiglio non ci dice il nome, anche se i lettori informati ritengono di conoscerlo.
I futuri tutori della legalità sfilano a pagare in contanti e quindi in nero, nelle mani del Magistrato formatore-evasore.
Del resto nelle scuole dove dall'istruzione dovrebbe coltivarsi l'educazione alla cittadinanza non c'erano maestri e professori che attraverso il pagamento delle lezioni private sottoponevano i propri allievi in modo squallido e delinquenziale?
Dal letame nascono i fiori!
Il riferimento ha un valore quasi catartico, è un esempio di zona grigia in cui possono essere caduti proprio coloro cui spetta di applicare le leggi, avendo accettato di corrispondere il prezzo pattuito per la frequentazione del corso in nero.
Una sorta di iniziazione a piegarsi a forze superiori ovviamente a spese dello Stato e della legalità.
Lo riporto qui e lo riprendo non per dare enfasi ad una pratica scandalosa ma per confermare che la realtà non ci vede tutti da una parte o dall'altra, ma che anzi a ben vedere è proprio la diffusa ed anche piccola illegalità che prevale nella vita quotidiana di tutti ed è su di essa che prospera l'illegalità"maggiore" e che ci appare più grave soprattutto quando ci danneggia e la vediamo negli altri.