venerdì 20 maggio 2016

Ragionevoli dubbi. Gianrico Carofiglio

Edito da Sellerio nel 2006 io l'ho letto solo in questi giorni e l'ho fatto tutto di un fiato come non è mia abitudine, con la contemporanea e apparente sofferenza per l'approssimarsi della fine.Non mi capita sempre così di rammaricarmi che sia finito o, ancor prima, che stia finendo.Non capita neppure per tutti i libri che mi piacciono.
La storia poi che apparentemente mi interessa sempre poco, qui invece mi ha avvinto particolarmente.
Si sente l'intellettuale meridionale, si sente il giurista e soprattutto si scopre l'uomo coi suoi limiti , le sue capacità, le sue contraddizioni, i suoi tanti problemi irrisolti.
Gli intrecci impensabili della realtà che pure hanno bisogno delle parole per venire fuori secondo letture di parte e che difficilmente le parole stesse riescono a restituirci in modo oggettivo.
Tutto ciò pesa nella realtà quotidiana e  si ripresenta enfatizzato nelle verità formali del processo e nei riguardi di tutte le parti di esso.
L'avvocato Guerrieri, ancora una volta si trova a difendere un imputato, Ryaban, che mai avrebbe pensato di dover difendere e, come sempre, la sua partecipazione va progressivamente assumendo una dimensione, quasi con fatica, secondo una scansione anche temporalmente imprevedibile.
Continuamente presente il rapporto tra l'uomo e la deontologia professionale sul piano della descrizione della faticosa dialettica tra le due sfere, così come il rapporto tra giustizia e verità processuale.
Tra virgolette nel capitolo 46 l'autore riferisce che un filosofo ha detto che  le azioni in sé, non hanno alcun senso.Può aver senso solo il testo della narrazione degli eventi e delle azioni compiute nel mondo. Noi , non solo nei processi, costruiamo storie per dare senso a fatti che in  sé non ne hanno nessuno. Per cercare di mettere ordine al caos. Le storie a ben vedere sono tutto quello che abbiamo.
Non so a chi si riferisse ma trovo interessanti queste affermazioni che, se unite ai pregiudizi che inevitabilmente si vanno a riversare nei significati medi delle parole e del linguaggio sino a divenire contenuti impliciti e possibili valori interpretativi, danno ragione della possibile distanza della realtà dalla narrazione che di essa ciascuno puo' fare .