sabato 22 aprile 2017

Patrick Suskind, il profumo, Tea 1985

Ho voluto rileggere dopo alcuni anni questo romanzo che a suo tempo avevo letto con una certa riluttanza e che mi aveva lasciato indubbiamente sorpreso dall'originalità dell'idea  rappresentativa, tutta incentrata su uno dei nostri sensi, l'olfatto, anche da me  spesso teoricamente trascurato.
L'idea di fondo la trovai accattivante e il romanzo mi parve ben costruito e sostenuto da una articolata conoscenza del tema.
Un recente work shop sui profumi a cui ho preso parte mi ha richiamato alla mente questo romanzo ,tutto incentrato su un uomo -naso e ho voluto rileggerlo.
Come spesso avviene , la rilettura disvela tutto un insieme di aspetti in gran parte non colti la prima volta tanto che può addirittura sembrare di aver letto un nuovo romanzo.
In sintesi i ventisei omicidi che si susseguono nella storia di Jean-Baptiste Grenouille, questa volta , hanno come perso gli effetti macabri che pure oggettivamente contengono e sembrano rispondere ad una logica esigenza di questo uomo ad una dimensione.
 E' il suo unico appetito, è la sua unica ragione di vita: cogliere e distinguere gli odori e quindi dar vita a profumi come nessun altro sa fare.
Egli non uccide per togliere la vita ma perchè le sue vittime contengono solo loro quegli elementi che gli consentono di impossessarsi degli odori umani dei quali la natura lo ha privato.
Poichè è il profumo comunque umano ciò che in realta' ci mette in relazione con gli altri, egli sa di non averne uno e che questa è la ragione per cui la sua persona passa del tutto inosservata agli occhi degli altri uomini.
La sua rivincita nei riguardi degli altri sarà non solo di riuscire a farsi notare ma ad assoggettare gli altri affinche' , a seconda del profumo che sarà capace di produrre, vengano più o meno attratti da lui , sino al punto di adorarlo.
E' questo, paradossalmente, l'unico aspetto umano del nostro, l'unica manifestazione di un sentimento, di una passione, per quanto possa apparirci folle.
Per il resto, Grenouille, nato nella Parigi del '700, è per ogni altro verso un reietto sin dalla sua nascita , contrastata da subito dalla sua stessa madre che non riesce ad ucciderlo. E così in un crescendo di tappe caratterizzato dallo sfruttamento da parte di tutti coloro che si sono comunque dovuti imbattere in questa incomprensibile creatura, Grenouille mostra talento ed intelligenza per impadronirsi di tutto ciò che gli serva per meglio assecondare la propria natura, perseguendo lucidamente la realizzazione delle proprie ragioni di vita e restando indifferente anche ai sopprusi e alle nefandezze dei suoi interlocutori.
L'intelligenza non gli manca per cogliere a sua volta tutte le possibili occasioni per apprendere gli strumenti del mestiere e i mezzi comunicativi.
Conservando sempre un basso profilo tanto da indurre gli altri a pensare di avvantaggiarsi del suo talento e di appropriarsi delle sue invenzioni, in cambio apparentemente di nulla sul piano del sostentamento materiale ed economico.
Finanche la balia che pure in un'ultima analisi  è l'unica ad abbandonarlo in modo disinteressato , rimarca la marginalità di questo essere umano per via della sua mancanza assoluta di odore, di quello odore tipico dei lattanti.
Nessuna offerta pecuniaria la convincerà.
Non si può offrire il proprio seno a chi non ha odore!
Gli altri mercanti di profumi e creme che lo terranno a bottega penseranno di fare un grande affare , senza nulla dare, perchè colgono la dote innata di questo naso nel cogliere ed inventare profumi sempre nuovi.
In occasione di uno dei delitti commessi dal nostro eroe in agro di Grasse, nel 1767, si determinò nella comunità un processo di formazione dell'opinione, molto simile a quello che ancor oggi determina l'evento violento del quale non si colgono immediatamente le cause.
La bellissima vergine, uccisa senza apparente ragione, neppure quella della sua deflorazione, non poté che ricadere dapprima sugli zingari, capaci notoriamente di tutto.
"Era noto che essi tessevano tappeti con abiti vecchi e imbottivano cuscini di capelli umani e fabbricavano piccole bambole con la pelle e con i denti degli impiccati" .
L'ipotesi cadde subito perché in quel periodo gli zingari, notoriamente nomadi, erano già andati via.
E allora si pensò ai lavoratori stagionali italiani che ,come gli attuali raccoglitori di pomodoro africani, venivano in zona per la raccolta stagionale del gelsomino: ma neppure questa ipotesi poteva reggere perché la raccolta sarebbe avvenuta successivamente.
Questo passo  del racconto mi avrà particolarmente colpito perché confermativo di una attitudine fisiologica  di ogni comunità a esprimere pregiudizi fondati sull'ignoranza e la paura, ma anche perché è di questi giorni la notizia, che non ho potuto verificare, che in Svizzera agli italiani e a coloro che comunque risiedono in Italia anche per lavoro, l'accoglienza negli alberghi viene condizionata non solo dall'esibizione del documento di identità ma anche dalla produzione del certificato penale, sull'evidente civilissima presunzione di inclinazione alla illegalità.
In vero non ho sentito intorno una grande indignazione nelle nostre autorità e nella cittadinanza stessa.
Cadute queste prime significative ipotesi si passò ,via via ,a numerose altre, tutte andate deluse.
Ebrei,monaci presunti lussuriosi del convento dei benedettini tutti ultra sessantenni, cistercensi, massoni, malati di mente della Charité, carbonari, mendicanti e ,buon ultima ,la nobiltà dissoluta.
I colpi di scena finali che qui non riportiamo, pongono ancora una volta l'accento sulla esaltazione dell'importanza dell'olfatto e degli odori delle cose animate ed inanimate del creato e della loro rilevante capacità di contribuire alla identità stessa di noi esseri viventi, certamente qui enfatizzata per scopi di rappresentazione ma comunque presente in modo significativo nelle relazioni sociali e nello stesso rapporto tra amore e morte.


lunedì 17 aprile 2017

L'estate fredda di Gianrico Carofiglio

In questi giorni di Marzo 2017 ho terminato di leggere questo romanzo di Gianrico Carofiglio pubblicato nel 2016 da Einaudi.
Non mi riesce di leggere i romanzi di questo autore prescindendo da ciò' che penso di lui. Sento che nessun personaggio si libera dalla dipendenza del suo autore.
Ed è così che questa volta un pregiudizio negativo mi ha guidato nella lettura.
Carofiglio mi ha deluso per aver votato Si al referendum del 4 Novembre 2016!
 Soprattutto non mi sono piaciute le motivazioni che ha espresso a sostegno del suo voto.
La mia valutazione negativa sulla sua scelta non è dipesa da scelta di tipo partitico quanto piuttosto  proprio da argomentazioni prevalentemente di diritto costituzionale e di politica istituzionale. Questo tipo di convinzione mi ha indotto a ritenere  che sarebbe bastato che ogni cittadino avesse avuto la forza  di leggere il testo sottoposto a referendum perche, dotato di normale intelligenza, non potesse che votare no, ed ancor più che un laureato in giurisprudenza non avrebbe potuto in nessun caso, neppure se fosse stato Renzi in persona , votare altro che no.
Dopo aver letto il libro che ha confermato la grandezza di Carofiglio scrittore, non posso che spiegarmi la sua dichiarazione di voto come derivante da quella zona grigia non più bianca e non più nera, che fa si che i nostri comportamenti non siano sempre lineari e prevedibili, così come i nostri pensieri.
Tutti i suoi personaggi rivelano questa naturale e peraltro realistica propensione a non essere totalmente riconducibili al modello che i diversi ruoli di vita e professionali farebbero intendere.
 Cosi che la distinzione tra buoni e cattivi, tra legalità e illegalità, pur rimanendo precisa nei suoi contorni teorici , si declina nel mondo reale, non solo attraverso la mediazione delle parole che lasciano inevitabilmente ampi margini di equivocità , ma anche attraverso comportamenti che cercano di piegare ed adattare, per le più svariate ragioni le regole alla nostra interpretazione , al nostro sentire, ed anche al nostro arbitrio.
Non è solo la trama , come sempre avvincente, a farci sperare che la fine non sopraggiunga e a vedere con disappunto che le pagine ancora da leggere vanno riducendosi di volta in volta.
Il disappunto viene in parte bilanciato dal proposito di fermare almeno alcune delle considerazioni che più ci hanno colpito e che comunque vorremmo tenere come frutto di questo dialogo a distanza che l'autore ci stimola di continuo.
Le indagini sul sequestro del figlio del capo della Società Nostra, Grimaldi, offrono il destro per illustrare aspetti formali e sostanziali delle organizzazioni "mafiose".
Il racconto consente di cogliere lo snodarsi nella società, non solo pugliese, delle attività criminali organizzate, ponendo in evidenza quanto possano essere anche diverse le sfumature e le ragioni del concreto articolarsi della vita di questi micro stati nello Stato, e l'intreccio spesso occulto tra gli apparati e coloro che ne dovrebbero essere fuori. Ancora una volta i luoghi comuni trovano molteplici smentite e la realtà mostra di non accettare rigide classificazioni.
I sequestri lampo mi erano sconosciuti, così come non sapevo che la mala pugliese avesse scelto l'alleanza con la 'ndrangheta calabrese per sottrarsi alle angherie carcerarie praticate dalla camorra napoletana.
Da pugliese ho avuto modo quindi di sentire un moto campanilistico, una spinta alla preferenza di una malavita piuttosto di un'altra e ho pensato a quante volte, nella condizione di emigrato dal sud , l'idea di "avere la mafia" pur essendo a livello di mia formazione un deciso disvalore, dinanzi a giudizi razzisti o comunque ispirati ad una superiorità del Nord rispetto al Sud, finisse per risuonare nell'animo come un' espressione di forza che costringesse l'altro ad un rispetto sia pure forzato.
Guardie e ladri, si inseguono in una trama che giunge come sempre ad una conclusione imprevedibile e comunque rassicurante.
Il diritto degli uomini pur con tutti i suoi limiti e le sue distanze dalla giustizia ipotetica, alla fine si risolve in esiti ampiamente appaganti anche se lascia nude molteplici discordanze proprio tra stereotipi e eventi probabili con l'accertamento dei fatti.
Sullo sfondo tutti i protagonisti, anche quelli minori ci rivelano una varietà irriducibile ad un tipo unico .
In parte essi partecipano dell'idea prevalente della situazione rivestita ma in gran parte rivelano specificità imprevedibili.
Il contorno ambientale della stessa Puglia e della città di Bari pur essendo intrinsecamente connaturato allo svolgimento dei fatti potrebbe alle volte essere costituito da luoghi diversi.
 La componente intimistica si svolge come fosse indipendente dal ruolo pubblico ma se ne colgono le interferenze problematiche.
L'interpretazione delle leggi e comunque dei codici di comportamento tanto dell'ordinamento giuridico statale quanto di quello di clan o società malavitose si agita nel dilemma tra applicazione di regole formali e eventuali necessari margini di devianza e di sospensione delle regole formali per il perseguimento di fini altrettanto utili allo scopo finale ma in paradossale antitesi con le regole immediatamente da applicare.
Sembra che la narrazione serva alle volte a conferire ai fatti stessi un valore catartico per i personaggi che si muovono spesso nelle zone grigie della vita quelle difficilmente riconducibili, come dicevamo, al bianco o al nero ,nitidi e decisi.
Il collaboratore di giustizia , braccio destro di Grimaldi, ha una intelligenza e un grado culturale quasi inspiegabile per organizzazioni che si vogliono a bassissimo livello formativo, resta ciononostante difficilmente credibile che non sia stato lui ad operare il sequestro di persona del figlio del capo.
Devono cadere tante ipotesi preconcette, devono venire fuori zone grigie e difficilmente confessabili delle stesse forze inquirenti perché possa farsi largo la verità che è una verità scomodissima per lo stato legale.
E' un carabiniere il colpevole e perché ciò emerga è necessario che un suo collega di squadra, Pellecchia, un tempo in zona grigia anche lui superi la vergogna e metta a rischio se stesso pur di svelare l'ipotesi delinquenziale.
Lo stesso Fenoglio sceglie un pò di omertà , per favorire l'emergere della verità.
Conferma fiducia al proprio collaboratore che pure aveva sbagliato e lo sottrae ad un processo per reati minori (appropriazione di droga sequestrata a spacciatori arrestati).
E' l'occasione per ricordarci quante devianze avvengono anche da parte di coloro che sono preposti alla tutela legale della vita sociale.
Mi ha colpito particolarmente il riferimento che l'Autore fa alla scuola di formazione dei magistrati di Napoli.
Non so se anche Carofiglio l'abbia frequentata . La D'Angelo si! Subito dopo la laurea si iscrisse a un corso di preparazione per il concorso in magistratura.
Era tenuto da un magistrato napoletano famoso che si diceva fosse molto bravo.
Carofiglio non ci dice il nome, anche se i lettori informati ritengono di conoscerlo.
I futuri tutori della legalità sfilano a pagare in contanti e quindi in nero, nelle mani del Magistrato formatore-evasore.
Del resto nelle scuole dove dall'istruzione dovrebbe coltivarsi l'educazione alla cittadinanza non c'erano maestri e professori che attraverso il pagamento delle lezioni private sottoponevano i propri allievi in modo squallido e delinquenziale?
Dal letame nascono i fiori!
Il riferimento ha un valore quasi catartico, è un esempio di zona grigia in cui possono essere caduti proprio coloro cui spetta di applicare le leggi, avendo accettato di corrispondere il prezzo pattuito per la frequentazione del corso in nero.
Una sorta di iniziazione a piegarsi a forze superiori ovviamente a spese dello Stato e della legalità.
Lo riporto qui e lo riprendo non per dare enfasi ad una pratica scandalosa ma per confermare che la realtà non ci vede tutti da una parte o dall'altra, ma che anzi a ben vedere è proprio la diffusa ed anche piccola illegalità che prevale nella vita quotidiana di tutti ed è su di essa che prospera l'illegalità"maggiore" e che ci appare più grave soprattutto quando ci danneggia e la vediamo negli altri.